Nel paese dei “tre pesi e tre misure”, in una devastante confusione di ruoli, Arera, il regolatore del mercato, delibera sulla metrologia legale, che invece compete al MISE, e l’Agenzia delle Dogane si muove autonomamente, applicando la metrologia fiscale.
Partiamo dalla legge: “Ogni convenzione di quantità, che non sia di solo denaro, anche per privata scrittura, dovrà farsi con pesi e misure legali”.
Per essere legali, gli strumenti devono essere conformi ai requisiti fissati:
dal Testo Unico delle Leggi Metriche;
dal Regolamento di Fabbricazione Metrica;
da Decreti Ministeriali ad hoc, che ne stabiliscono i criteri di omologazione.
Il Testo Unico delle Leggi metriche (23/8/1890, n.7088), tuttora valido recita:
“In un contratto di compravendita, la quantità della cosa, scambiata contro il prezzo, deve essere espressa in unità di misura legali (art.1 – 2 – 3 del T.U. 7088/1890), e legali (art. 6 e 7 del Regolamento di fabbricazione Metrica approvato con R.D. 12.6.1902, n. 226), devono essere gli strumenti metrici utilizzati per accertarla.”
Le unità di misura legali sono:
per la lunghezza il metro (m)
per il volume il metrocubo (m3),
per la massa il chilogrammo (kg),
per il tempo il secondo (s)
per l’intensità di corrente elettrica l’ampere (A);
per l’energia il joule (J) o il wattora (w/h) e i suoi multipli;
per la potenza il watt (w), per la temperatura assoluta il kelvin (K), oppure il grado centigrado °C.
In una transazione commerciale, le parti devono tassativamente apprezzare la quantità della res, scambiata contro prezzo, utilizzando strumenti di misura legali, e la quantità scambiata deve essere espressa in unità FT di misura legali.
La legge impone le modalità d’impiego degli strumenti di misura, fissandone le condizioni di funzionamento.
L’ordinamento metrologico legale, nazionale e comunitario, prevede che, quale che sia il metodo di misurazione di gas, liquidi o massa, il risultato della medesima s’intende garantito alle condizioni di misurazione.
Per la misurazione dei carburanti, e ai soli fini dell’accertamento dell’accisa a volume, lo Stato ha imposto l’obbligo di ragguagliare il volume del carburante a 15 °C, operazione che avviene presso il deposito fiscale del fabbricante.
Nelle successive operazioni non vige però il medesimo obbligo e così, chi acquista benzina presso un distributore, paga quanto indicato dalla pompa, indipendentemente dalla temperatura del carburante.
Se la misurazione s’intende quindi garantita alla condizione in cui avviene, e se la legge non lo prevede, non è consentita alcuna correzione.
E ciò non può valere neppure per espressa volontà delle parti, stante l’imperatività e l’inderogabilità della legge.
Diverso il caso per il gas naturale.
I legislatori, nazionale e comunitario, hanno stabilito che la misurazione della quantità avvenga a volume – espresso in m3 – senza determinare le condizioni di riferimento, né il loro valore.
Solamente in Italia, e in pacifica violazione ai principi esposti, viene utilizzato il m3 standard, o standard metro cubo (Smc), un’unità di misura scientifica ma non legale.
Così sul contatore leggiamo m3 mentre, con la bolletta, paghiamo Sm3.
Il volume del gas indicato dal contatore viene così modificato:
per le utenze domestiche, viene moltiplicato per un coefficiente di correzione, sempre maggiore di 1;
per le utenze commerciali e industriali i contatori vengono associati a un’apparecchiatura elettronica – correttore o convertitore di volume – che riporta il volume indicato dal contatore, alle c.d. condizioni standard di temperatura e di pressione.
“A prescindere dal fatto che sia possibile o meno leggere a distanza uno strumento di misura destinato alla misurazione di servizi forniti da imprese di pubblica utilità, esso deve comunque essere dotato di un visualizzatore metrologicamente controllato, facilmente accessibile al consumatore senza alcun ausilio. La lettura di tale visualizzatore è il risultato della misurazione che costituisce la base su cui è calcolato il prezzo da corrispondere.”
Il punto 8.1 – protezione dall’alterazione – recita :
“Le caratteristiche metrologiche dello strumento di misura non debbono essere influenzate in modo inammissibile dal collegamento di tale strumento ad altro dispositivo, da alcuna caratteristica del dispositivo collegato o da alcun dispositivo remoto che comunichi con lo strumento di misura”
La definizione di “Transazione commerciale di vendita diretta” é: “tutte le parti della transazione accettano il risultato della misurazione sul posto e sul momento”
Le conseguenze giuridiche sono:
Inammissibilità della deliberazione 155/08 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas che impone, per la misurazione del gas, i c.d. “smart meters” o “contatori intelligenti”, perché il dato valido della transazione commerciale è quello visualizzato sul contatore, e non quello trasmesso;
Lo stesso vale per i contatori di energia elettrica che sono stati omologati come contatori ma vengono utilizzati come trasmettitori di dati di consumo.
Riaffermato quindi il primato del dato indicato dal contatore, che costituisce la base su cui è calcolato il corrispettivo, i dati indicati sulle bollette, se diversi da quelli indicati dal contatore, violano la direttiva MID.
Questa violazione, estesa all’intero territorio nazionale, rappresenta un fenomeno di gravità assoluta, in quanto colpisce il sistema di imprese e consumatori, sia per il consumo di gas che per quello di energia elettrica.
Ildocumento (doc/dc/08/016-08dco) di consultazione dell’Autorità per l’energia, in merito a “questioni riguardanti la metrologia legale” a pag. 50 riportava le osservazioni di uno dei consultati che “invocando il punto 10.5 dell’allegato I al decreto 2 febbraio 2007, n. 22, che ha recepito la direttiva europea MID, afferma che l’utilizzo dei dati rilevati a distanza non è riconosciuto dall’attuale legislazione metrologica”.
La risposta dell’Autorità: “Sul tema della metrologia legale l’Autorità non ha poteri istituzionali e non può, di conseguenza, dare risposta alle questioni ad essa inerenti”.
Con un altrodocumento(docs/pareri/001-08pas)l’Autorità per l’energia segnalava il problema Governo e Parlamento affermando che “allo stato, non esiste una norma di legge che definisce quali debbano essere le condizioni di pressione e temperatura da utilizzare per effettuare una misura oggettiva del gas”.
Per quanto precede:
la sostituzione del contatore del gas e di quello dell’energia elettrica possono essere pacificamente rifiutate;
è legale pagare il consumo indicato dai contatori e non quello delle bollette.
MID
Il decreto legislativo 22/2/2007 n° 22 recepisce la Direttiva Europea 2004/22/CE (nota come Direttiva MID) che stabilisce i criteri di omologazione e di commercializzazione di alcune specifiche categorie di strumenti di misura, come i misuratori di acqua, gas, energia elettrica e termica.
Il governo Prodi salva i contatori illegali che Enel sta installando da sei anni.
L’art. 22 del decreto infatti recita:
1. La commercializzazione e la messa in servizio degli strumenti di misura sottoposti ai controlli metrologici legali che soddisfino le norme applicabili anteriormente al 30 ottobre 2006 sono consentite fino alla scadenza della validità dell’omologazione di tali strumenti. In caso di omologazione di validità indefinita, la commercializzazione e la messa in servizio degli strumenti di misura sottoposti a controlli metrologici legali che soddisfino le norme applicabili anteriormente al 30 ottobre 2006 sono consentite fino al 30 ottobre 2016.
2. Per gli strumenti di misura per i quali sia stata presentata la domanda di ammissione alla verifica ai sensi della normativa nazionale e comunitaria in vigore prima del 30 ottobre 2006, il provvedimento di ammissione a verificazione metrica e alla legalizzazione sarà rilasciato ai sensi della stessa normativa e comunque avrà validità fino al 30 ottobre 2016.
3. I dispositivi ed i sistemi di misura di cui all’articolo 1, comma 1, se utilizzati per le funzioni di misura previste al comma 2 del medesimo articolo e per i quali la normativa in vigore fino al 30 ottobre 2006 non prevede i controlli metrologici legali, qualora già messi in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, potranno continuare ad essere utilizzati anche senza essere sottoposti a detti controlli, purche’ non rimossi dal luogo di utilizzazione.
L’art. 3 è sembra previsto proprio per “salvare” decine di milioni di misuratori di energia elettrica, installati da Enel dal 2001, mai omologati e, di conseguenza, illegali.
Ma se i contatori non erano legali prima del 30 ottobre 2006, come potrebbe un decreto estendere, a vita, il loro stato d’illegalità?
Oltre all’evidente abuso di delega nella formulazione del decreto, il pt. 3 discrimina gli utenti, il cui consumo viene rilevato da strumenti illegali, da quelli il cui consumo sarebbe stato poi rilevato da contatori omologati, in accordo alla direttiva MID.
Altri requisiti essenziali interessanti della direttiva sono:
“A prescindere dal fatto che sia possibile o meno leggere a distanza uno strumento di misura destinato alla misurazione di servizi forniti da imprese di pubblica utilità, esso deve comunque essere dotato di un visualizzatore metrologicamente controllato, facilmente accessibile al consumatore senza alcun ausilio. La lettura di tale visualizzatore è il risultato della misurazione che costituisce la base su cui è calcolato il prezzo da corrispondere.”
“Le caratteristiche metrologiche dello strumento di misura non debbono essere influenzate in modo inammissibile dal collegamento di tale strumento ad altro dispositivo, da alcuna caratteristica del dispositivo collegato o da alcun dispositivo remoto che comunichi con lo strumento di misura”
“tutte le parti della transazione accettano il risultato della misurazione sul posto e sul momento”.
Quindi, se prima dell’entrata in vigore della MID, decine di milioni di contatori erano, e restano illegali, per i contatori omologati MID la situazione d’illegalità si estende al sistema che li gestisce illegalmente da remoto: il distributore cioè può intervenire da remoto sui contatori, senza doverne rendere conto a nessuno.
Sono azioni che la MID espressamente vieta, come modificare la variabile tempo, oppure la potenza a disposizione dell’utente; farlo significa modificare il dato di misura e il corrispettivo che poi viene addebitato con la bolletta.
Il Ministero rispondeva così ad un’interrogazione parlamentare del 2013:
“La legislazione in materia, è in effetti lacunosa ed ha probabilmente risentito anche della circostanza che almeno per tutti gli anni in cui la fornitura dell’energia elettrica era riservata allo Stato o ad imprese concessionarie, l’affidabilità della misurazione era nei fatti ritenuta connessa alla caratterizzazione pubblica del soggetto distributore. Inoltre, ha risentito dell’oggettiva difficoltà e complessità ad apportare innovazioni normative in un settore di misurazione che interessa un servizio pubblico essenziale di diffusione generalizzata, con milioni di punti di misurazione e che non consente applicazioni rigide e solo formalistiche delle norme, senza tener conto, peraltro, delle conseguenze in termini di possibili interruzioni di tale servizio pubblico”
Dichiarazioni che, in merito alle “applicazioni formalistiche delle norme”, dimenticavano l’art. 692 del Codice Penale che recita:
“Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, o in uno spaccio aperto al pubblico, detiene (1)misure o pesi(2)[472 2] diversi da quelli stabiliti dalla legge, ovvero usa misure o pesi senza osservare le prescrizioni di legge, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centotre euro a seicentodiciannove euro. [Se il colpevole ha già riportato una condanna per delitti contro il patrimonio, o contro la fede pubblica, o contro l’economia pubblica, l’industria o il commercio, o per altri delitti della stessa indole, può essere sottoposto alla libertà vigilata.] (3)“
Dopo otto anni, il 24 marzo 2015, viene così emanato il D.M. n° 60 che recita: “Il Ministero dello sviluppo economico stabilisce, con uno o più decreti, i criteri per l’esecuzione dei controlli metrologici successivi sugli strumenti di misura disciplinati dal presente decreto dopo la loro immissione in servizio”.
Come detto, l’art. 22 del decreto intendeva “salvare” decine di milioni di contatori che, non essendo strumenti omologati, non potevano e non possono essere provati in contraddittorio con la conseguenza che, se un utente segnala l’anomalia all’Ufficio Metrico competente, i contatori vengono confiscati dalla Prefettura.
E’ chiaro che il decreto 60 non può che riguardare i soli contatori omologati MID, nonostante l’art. 5, comma 6, reciti: ”I contatori di energia elettrica, già messi in servizio ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’art. 22 del decreto legislativo 2 febbraio 2007, possono essere sottoposti a controlli casuali o, su richiesta, a controlli in contraddittorio, da parte delle Camere di commercio per accertare il rispetto degli errori massimi tollerati previsti dalle pertinenti norme o Raccomandazioni OIML”.
Ma come possono essere stati messi in servizio contatori ai sensi di una norma transitoria?
E come possono essere provati in contraddittorio strumenti non omologati?
Il Ministero dello Sviluppo Economico deve ancora chiarire:
che i contatori non possono essere stati messi in servizio ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’art. 22 del decreto legislativo 2 febbraio 2007 essendo in realtà illegittimamente in servizio alla data di entrata in vigore dello stesso decreto;
che non é possibile effettuare alcuna prova in contraddittorio su contatori non omologati.
Nella cronica assenza del pronunciamento del Ministero, gli interventi dell’Autorità per l’energia sul tema non hanno alcun valore e creano maggior confusione.
La delibera ARG/gas 155/08, che riguarda i contatori del gas, recita:
“Requisiti funzionali minimi per gruppi di misura di ogni classe 4.1 – Fermi restando gli obblighi di omologazione e certificazione dei gruppi di misura del gas in materia di metrologia legale, immunità elettromagnetica e sicurezza, ai sensi delle leggi e delle norme vigenti, il presente articolo stabilisce i requisiti funzionali minimi comuni a tutti i gruppi di misura del gas, indipendentemente dalla classe di appartenenza”.
La definizione di “gruppo di misura“ inteso come sistema per rilavare e, nel caso specifico, trasmettere un dato di consumo non trova ancora dignità nel campo della metrologia legale mentre sono riconosciuti, in forza di specifiche omologazioni, gli strumenti che lo comporrebbero.
Non risulta quindi rintracciabile la garanzia legale che il dato di consumo, pur generato da strumenti legalmente omologati, sia un dato metrologicamente certo, fino a quando non venga definito il gruppo di misura che lo rileva e la grandezza fisica che ne quantifica l’entità.
Appare pertanto evidente che le richieste della deliberazione ARG 155/08 non possano essere applicate a gruppi o sistemi di misura, fintanto che questi non siano definiti e normati.
E’ altresì pacifico che l’Autorità, non avendo competenza nel campo della metrologia legale, si sia giustamente limitata a normare non il sistema di generazione del dato di consumo – che ricade nella metrologia legale – ma quello della sua trasmissione con l’evidente possibilità di trasmettere un dato errato, perché tale potrebbe essere stato generato, e, sulla base di tale errore, dare quindi origine ad una fatturazione non corretta.
Nonostante il lacunoso quadro legale, la deliberazione 155/08 ha spinto le società di distribuzione a modificare i PDR – punti di riconsegna – industriali – munendoli di apparecchiature dotate di sistemi di rilevamento del dato di consumo da remoto e sta imponendo ora la sostituzione dei misuratori domestici.
Nel corso degli anni, e cioè dall’emissione della citata delibera, si è assistito ad un’intesa attività dell’Autorità che, pur avendo sempre ammesso di non avere competenza nel campo della metrologia legale, non ha tenuto in valida considerazione quanto denunciato dagli addetti del settore, in merito a possibili problemi di metrologia legale.
Da parte sua, il MISE, unico responsabile nel campo della metrologia legale, ha sempre ribadito che l’unico dato di consumo fide-facente resta quello indicato dal totalizzatore dello strumento di misurazione in campo, senza peraltro definire la grandezza che lo quantifica.
I fabbricanti degli strumenti si sono così limitati a progettare e produrre strumenti che rispettassero la delibera senza preoccuparsi dell’aspetto metrologico legale che la stessa delibera sottovalutava perché non di sua competenza.
Tutti invocano erroneamente la MID senza rendersi conto che gli obblighi della MID non si limitano alla omologazione ed alla fabbricazione di strumenti di misura.
Gli strumenti devono, in sostanza, rispondere ai criteri di omologazione anche nel loro utilizzo e, se inseriti in sistemi di misura, devono rispondere alla metrologia legale vigente nei singoli paesi comunitari.
All’atto pratico, ad oggi, non risultano essere disponibili strumenti che rispondano alle esigenze della stessa Autorità che a quelle della metrologia legale.
Il D.M. 93/2017 avrebbe dovuto disciplinare le procedure di controllo degli strumenti di misura in servizio e i criteri di vigilanza sugli strumenti di misura conformi alla normativa nazionale e europea.
Dopo sei anni il decreto non tiene conto di quanto succede in campo, una vera e propria jungla nel settore del gas, e dello stato in cui versano i sistemi di misura del gas naturale mercato né del parco di contatori di energia elettrica attualmente in funzione.
Titolarità degli strumenti di misura
Secondo il decreto, titolare di uno strumento di misura è “la persona fisica o giuridica titolare della proprietà dello strumento di misura o che, ad altro titolo, ha la responsabilità dell’attività di misura”.
Sia per il gas che per l’energia elettrica, chi vende, non misura e incassa un corrispettivo che deve essere misurato da uno strumento legale, anche se non è di sua proprietà.
Logico quindi considerare il fornitore di energia elettrica, o di gas, quale titolare dello strumento: è lui che si avvale dei dati dei contatori – che gli vengono comunicati dal distributore – per quantificare ciò che vende ai propri clienti.
Ma se il contatore é difettoso, e quindi registra quantitativi di energia elettrica o di gas diversi da quelli che dovrebbe, è il venditore a risponderne, penalmente se fattura più del dovuto.
Inoltre la maggior parte dei contatori sono facilmente accessibili a chiunque, e se dovessero essere accertate alterazioni o manomissioni dei sigilli legali, chi sarebbe chiamato a risponderne sarebbe, in questo caso, il distributore in quanto titolare.
Libretto metrologico
viene emesso in occasione della prima verificazione periodica cioè 4 anni dopo la prima installazione
chi lo emette ha l’obbligo di conservarlo ma chi se frega
viene emesso per il solo strumento abbinato ad un altro strumento
non ne resta traccia perché non c’è alcuna penale se lo perdi
invece di avere lo storico del PDR abbiamo una sommatoria di certificati degli strumenti e se il sistema di misura ha dei problemi d’impianto ma gli strumenti sono certificati e verificati, nulla questio
in questo modo tutta la misurazione del gas naturale nazionale e a puttane dei volumi di gas, scambiati dai confini all’ultimo utente non frega nulla a nessuno. in caso di contestazione non si può fare l’incrocio storico legale dei consumi
Verificazioni periodiche
Art. 4 – comma 2 del decreto: “La verificazione periodica su tutte le tipologie di strumenti di misura utilizzati per una funzione di misura legale ha lo scopo di accertare se essi riportano i bolli di verificazione prima nazionale, o di quelli CEE/CE, o della marcatura CE e della marcatura metrologica supplementare M e se hanno conservato gli errori massimi tollerati per tale tipologia di controllo”.
Quindi solamente strumenti di misura legali possono essere ammessi alla verificazione periodica e ad eventuali prove in contraddittorio tra le parti.
Tutti i contatori di energia elettrica di tipo elettromeccanico, non essendo mai stati omologati, ed essendo sprovvisti dei sigilli legali, non possono essere ammessi ad alcuna verificazione, periodica o in contraddittorio: del tutto inutile averla fissata in 18 anni.
Stessa sorte per i contatori statici di energia elettrica “di prima generazione” che non sono mai stati omologati, non sono legali e non possono essere verificati.
I primi contatori di energia elettrica omologati risalgono al 2007, anno del recepimento in Italia della direttiva MID.
Il decreto 93 entra in vigore dieci anni dopo, e stabilisce che ne sono necessari 15 per la verifica periodica, cadendo in un palese anacronismo. Perché e su quali basi sono stati stabiliti 15 anni?
Art. 5 – comma 2 – Controlli casuali o a richiesta –: “Sono altresì eseguiti controlli in contraddittorio nel caso in cui il titolare di uno strumento o altra parte interessata nella misurazione ne faccia richiesta alla Camera di commercio competente per territorio; i costi dei controlli in contraddittorio, in caso di esito positivo del controllo, sono a carico del soggetto richiedente”.
La disposizione disincentiva fortemente l’esercizio di tali controlli, dovendo il richiedente, cioè il consumatore, anticiparne le spese e lo scoraggia ad azionare il controllo: non è forse più semplice prevedere che le spese restino a carico della parte soccombente?
I Contatori Energia Elettrica/Gas illegali?
RECTA MENSURA
Nel paese dei “tre pesi e tre misure”, in una devastante confusione di ruoli, Arera, il regolatore del mercato, delibera sulla metrologia legale, che invece compete al MISE, e l’Agenzia delle Dogane si muove autonomamente, applicando la metrologia fiscale.
Partiamo dalla legge: “Ogni convenzione di quantità, che non sia di solo denaro, anche per privata scrittura, dovrà farsi con pesi e misure legali”.
Per essere legali, gli strumenti devono essere conformi ai requisiti fissati:
Il Testo Unico delle Leggi metriche (23/8/1890, n.7088), tuttora valido recita:
“In un contratto di compravendita, la quantità della cosa, scambiata contro il prezzo, deve essere espressa in unità di misura legali (art.1 – 2 – 3 del T.U. 7088/1890), e legali (art. 6 e 7 del Regolamento di fabbricazione Metrica approvato con R.D. 12.6.1902, n. 226), devono essere gli strumenti metrici utilizzati per accertarla.”
Le unità di misura legali sono:
In una transazione commerciale, le parti devono tassativamente apprezzare la quantità della res, scambiata contro prezzo, utilizzando strumenti di misura legali, e la quantità scambiata deve essere espressa in unità FT di misura legali.
La legge impone le modalità d’impiego degli strumenti di misura, fissandone le condizioni di funzionamento.
L’ordinamento metrologico legale, nazionale e comunitario, prevede che, quale che sia il metodo di misurazione di gas, liquidi o massa, il risultato della medesima s’intende garantito alle condizioni di misurazione.
Per la misurazione dei carburanti, e ai soli fini dell’accertamento dell’accisa a volume, lo Stato ha imposto l’obbligo di ragguagliare il volume del carburante a 15 °C, operazione che avviene presso il deposito fiscale del fabbricante.
Nelle successive operazioni non vige però il medesimo obbligo e così, chi acquista benzina presso un distributore, paga quanto indicato dalla pompa, indipendentemente dalla temperatura del carburante.
Se la misurazione s’intende quindi garantita alla condizione in cui avviene, e se la legge non lo prevede, non è consentita alcuna correzione.
E ciò non può valere neppure per espressa volontà delle parti, stante l’imperatività e l’inderogabilità della legge.
Diverso il caso per il gas naturale.
I legislatori, nazionale e comunitario, hanno stabilito che la misurazione della quantità avvenga a volume – espresso in m3 – senza determinare le condizioni di riferimento, né il loro valore.
Solamente in Italia, e in pacifica violazione ai principi esposti, viene utilizzato il m3 standard, o standard metro cubo (Smc), un’unità di misura scientifica ma non legale.
Così sul contatore leggiamo m3 mentre, con la bolletta, paghiamo Sm3.
Il volume del gas indicato dal contatore viene così modificato:
Nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale-DEL 17.3.2007 N.64 – Direttiva MID – vengono definiti i criteri di idoneità del contatore (art. 7) e l’articolo 10.5 recita:
“A prescindere dal fatto che sia possibile o meno leggere a distanza uno strumento di misura destinato alla misurazione di servizi forniti da imprese di pubblica utilità, esso deve comunque essere dotato di un visualizzatore metrologicamente controllato, facilmente accessibile al consumatore senza alcun ausilio. La lettura di tale visualizzatore è il risultato della misurazione che costituisce la base su cui è calcolato il prezzo da corrispondere.”
Il punto 8.1 – protezione dall’alterazione – recita :
“Le caratteristiche metrologiche dello strumento di misura non debbono essere influenzate in modo inammissibile dal collegamento di tale strumento ad altro dispositivo, da alcuna caratteristica del dispositivo collegato o da alcun dispositivo remoto che comunichi con lo strumento di misura”
La definizione di “Transazione commerciale di vendita diretta” é: “tutte le parti della transazione accettano il risultato della misurazione sul posto e sul momento”
Le conseguenze giuridiche sono:
Riaffermato quindi il primato del dato indicato dal contatore, che costituisce la base su cui è calcolato il corrispettivo, i dati indicati sulle bollette, se diversi da quelli indicati dal contatore, violano la direttiva MID.
Questa violazione, estesa all’intero territorio nazionale, rappresenta un fenomeno di gravità assoluta, in quanto colpisce il sistema di imprese e consumatori, sia per il consumo di gas che per quello di energia elettrica.
Ildocumento (doc/dc/08/016-08dco) di consultazione dell’Autorità per l’energia, in merito a “questioni riguardanti la metrologia legale” a pag. 50 riportava le osservazioni di uno dei consultati che “invocando il punto 10.5 dell’allegato I al decreto 2 febbraio 2007, n. 22, che ha recepito la direttiva europea MID, afferma che l’utilizzo dei dati rilevati a distanza non è riconosciuto dall’attuale legislazione metrologica”.
La risposta dell’Autorità: “Sul tema della metrologia legale l’Autorità non ha poteri istituzionali e non può, di conseguenza, dare risposta alle questioni ad essa inerenti”.
Con un altrodocumento(docs/pareri/001-08pas)l’Autorità per l’energia segnalava il problema Governo e Parlamento affermando che “allo stato, non esiste una norma di legge che definisce quali debbano essere le condizioni di pressione e temperatura da utilizzare per effettuare una misura oggettiva del gas”.
Per quanto precede:
MID
Il decreto legislativo 22/2/2007 n° 22 recepisce la Direttiva Europea 2004/22/CE (nota come Direttiva MID) che stabilisce i criteri di omologazione e di commercializzazione di alcune specifiche categorie di strumenti di misura, come i misuratori di acqua, gas, energia elettrica e termica.
Il governo Prodi salva i contatori illegali che Enel sta installando da sei anni.
L’art. 22 del decreto infatti recita:
1. La commercializzazione e la messa in servizio degli strumenti di misura sottoposti ai controlli metrologici legali che soddisfino le norme applicabili anteriormente al 30 ottobre 2006 sono consentite fino alla scadenza della validità dell’omologazione di tali strumenti. In caso di omologazione di validità indefinita, la commercializzazione e la messa in servizio degli strumenti di misura sottoposti a controlli metrologici legali che soddisfino le norme applicabili anteriormente al 30 ottobre 2006 sono consentite fino al 30 ottobre 2016.
2. Per gli strumenti di misura per i quali sia stata presentata la domanda di ammissione alla verifica ai sensi della normativa nazionale e comunitaria in vigore prima del 30 ottobre 2006, il provvedimento di ammissione a verificazione metrica e alla legalizzazione sarà rilasciato ai sensi della stessa normativa e comunque avrà validità fino al 30 ottobre 2016.
3. I dispositivi ed i sistemi di misura di cui all’articolo 1, comma 1, se utilizzati per le funzioni di misura previste al comma 2 del medesimo articolo e per i quali la normativa in vigore fino al 30 ottobre 2006 non prevede i controlli metrologici legali, qualora già messi in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, potranno continuare ad essere utilizzati anche senza essere sottoposti a detti controlli, purche’ non rimossi dal luogo di utilizzazione.
L’art. 3 è sembra previsto proprio per “salvare” decine di milioni di misuratori di energia elettrica, installati da Enel dal 2001, mai omologati e, di conseguenza, illegali.
Ma se i contatori non erano legali prima del 30 ottobre 2006, come potrebbe un decreto estendere, a vita, il loro stato d’illegalità?
Oltre all’evidente abuso di delega nella formulazione del decreto, il pt. 3 discrimina gli utenti, il cui consumo viene rilevato da strumenti illegali, da quelli il cui consumo sarebbe stato poi rilevato da contatori omologati, in accordo alla direttiva MID.
Altri requisiti essenziali interessanti della direttiva sono:
“A prescindere dal fatto che sia possibile o meno leggere a distanza uno strumento di misura destinato alla misurazione di servizi forniti da imprese di pubblica utilità, esso deve comunque essere dotato di un visualizzatore metrologicamente controllato, facilmente accessibile al consumatore senza alcun ausilio. La lettura di tale visualizzatore è il risultato della misurazione che costituisce la base su cui è calcolato il prezzo da corrispondere.”
“Le caratteristiche metrologiche dello strumento di misura non debbono essere influenzate in modo inammissibile dal collegamento di tale strumento ad altro dispositivo, da alcuna caratteristica del dispositivo collegato o da alcun dispositivo remoto che comunichi con lo strumento di misura”
“tutte le parti della transazione accettano il risultato della misurazione sul posto e sul momento”.
Quindi, se prima dell’entrata in vigore della MID, decine di milioni di contatori erano, e restano illegali, per i contatori omologati MID la situazione d’illegalità si estende al sistema che li gestisce illegalmente da remoto: il distributore cioè può intervenire da remoto sui contatori, senza doverne rendere conto a nessuno.
Sono azioni che la MID espressamente vieta, come modificare la variabile tempo, oppure la potenza a disposizione dell’utente; farlo significa modificare il dato di misura e il corrispettivo che poi viene addebitato con la bolletta.
Il Ministero rispondeva così ad un’interrogazione parlamentare del 2013:
“La legislazione in materia, è in effetti lacunosa ed ha probabilmente risentito anche della circostanza che almeno per tutti gli anni in cui la fornitura dell’energia elettrica era riservata allo Stato o ad imprese concessionarie, l’affidabilità della misurazione era nei fatti ritenuta connessa alla caratterizzazione pubblica del soggetto distributore. Inoltre, ha risentito dell’oggettiva difficoltà e complessità ad apportare innovazioni normative in un settore di misurazione che interessa un servizio pubblico essenziale di diffusione generalizzata, con milioni di punti di misurazione e che non consente applicazioni rigide e solo formalistiche delle norme, senza tener conto, peraltro, delle conseguenze in termini di possibili interruzioni di tale servizio pubblico”
Dichiarazioni che, in merito alle “applicazioni formalistiche delle norme”, dimenticavano l’art. 692 del Codice Penale che recita:
“Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, o in uno spaccio aperto al pubblico, detiene (1) misure o pesi (2)[472 2] diversi da quelli stabiliti dalla legge, ovvero usa misure o pesi senza osservare le prescrizioni di legge, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centotre euro a seicentodiciannove euro. [Se il colpevole ha già riportato una condanna per delitti contro il patrimonio, o contro la fede pubblica, o contro l’economia pubblica, l’industria o il commercio, o per altri delitti della stessa indole, può essere sottoposto alla libertà vigilata.] (3)“
Dopo otto anni, il 24 marzo 2015, viene così emanato il D.M. n° 60 che recita: “Il Ministero dello sviluppo economico stabilisce, con uno o più decreti, i criteri per l’esecuzione dei controlli metrologici successivi sugli strumenti di misura disciplinati dal presente decreto dopo la loro immissione in servizio”.
Come detto, l’art. 22 del decreto intendeva “salvare” decine di milioni di contatori che, non essendo strumenti omologati, non potevano e non possono essere provati in contraddittorio con la conseguenza che, se un utente segnala l’anomalia all’Ufficio Metrico competente, i contatori vengono confiscati dalla Prefettura.
E’ chiaro che il decreto 60 non può che riguardare i soli contatori omologati MID, nonostante l’art. 5, comma 6, reciti: ”I contatori di energia elettrica, già messi in servizio ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’art. 22 del decreto legislativo 2 febbraio 2007, possono essere sottoposti a controlli casuali o, su richiesta, a controlli in contraddittorio, da parte delle Camere di commercio per accertare il rispetto degli errori massimi tollerati previsti dalle pertinenti norme o Raccomandazioni OIML”.
Ma come possono essere stati messi in servizio contatori ai sensi di una norma transitoria?
E come possono essere provati in contraddittorio strumenti non omologati?
Il Ministero dello Sviluppo Economico deve ancora chiarire:
Nella cronica assenza del pronunciamento del Ministero, gli interventi dell’Autorità per l’energia sul tema non hanno alcun valore e creano maggior confusione.
La delibera ARG/gas 155/08, che riguarda i contatori del gas, recita:
“Requisiti funzionali minimi per gruppi di misura di ogni classe 4.1 – Fermi restando gli obblighi di omologazione e certificazione dei gruppi di misura del gas in materia di metrologia legale, immunità elettromagnetica e sicurezza, ai sensi delle leggi e delle norme vigenti, il presente articolo stabilisce i requisiti funzionali minimi comuni a tutti i gruppi di misura del gas, indipendentemente dalla classe di appartenenza”.
La definizione di “gruppo di misura“ inteso come sistema per rilavare e, nel caso specifico, trasmettere un dato di consumo non trova ancora dignità nel campo della metrologia legale mentre sono riconosciuti, in forza di specifiche omologazioni, gli strumenti che lo comporrebbero.
Non risulta quindi rintracciabile la garanzia legale che il dato di consumo, pur generato da strumenti legalmente omologati, sia un dato metrologicamente certo, fino a quando non venga definito il gruppo di misura che lo rileva e la grandezza fisica che ne quantifica l’entità.
Appare pertanto evidente che le richieste della deliberazione ARG 155/08 non possano essere applicate a gruppi o sistemi di misura, fintanto che questi non siano definiti e normati.
E’ altresì pacifico che l’Autorità, non avendo competenza nel campo della metrologia legale, si sia giustamente limitata a normare non il sistema di generazione del dato di consumo – che ricade nella metrologia legale – ma quello della sua trasmissione con l’evidente possibilità di trasmettere un dato errato, perché tale potrebbe essere stato generato, e, sulla base di tale errore, dare quindi origine ad una fatturazione non corretta.
Nonostante il lacunoso quadro legale, la deliberazione 155/08 ha spinto le società di distribuzione a modificare i PDR – punti di riconsegna – industriali – munendoli di apparecchiature dotate di sistemi di rilevamento del dato di consumo da remoto e sta imponendo ora la sostituzione dei misuratori domestici.
Nel corso degli anni, e cioè dall’emissione della citata delibera, si è assistito ad un’intesa attività dell’Autorità che, pur avendo sempre ammesso di non avere competenza nel campo della metrologia legale, non ha tenuto in valida considerazione quanto denunciato dagli addetti del settore, in merito a possibili problemi di metrologia legale.
Da parte sua, il MISE, unico responsabile nel campo della metrologia legale, ha sempre ribadito che l’unico dato di consumo fide-facente resta quello indicato dal totalizzatore dello strumento di misurazione in campo, senza peraltro definire la grandezza che lo quantifica.
I fabbricanti degli strumenti si sono così limitati a progettare e produrre strumenti che rispettassero la delibera senza preoccuparsi dell’aspetto metrologico legale che la stessa delibera sottovalutava perché non di sua competenza.
Tutti invocano erroneamente la MID senza rendersi conto che gli obblighi della MID non si limitano alla omologazione ed alla fabbricazione di strumenti di misura.
Gli strumenti devono, in sostanza, rispondere ai criteri di omologazione anche nel loro utilizzo e, se inseriti in sistemi di misura, devono rispondere alla metrologia legale vigente nei singoli paesi comunitari.
All’atto pratico, ad oggi, non risultano essere disponibili strumenti che rispondano alle esigenze della stessa Autorità che a quelle della metrologia legale.
La verifica dei contatori
Il D.M. 93/2017 avrebbe dovuto disciplinare le procedure di controllo degli strumenti di misura in servizio e i criteri di vigilanza sugli strumenti di misura conformi alla normativa nazionale e europea.
Dopo sei anni il decreto non tiene conto di quanto succede in campo, una vera e propria jungla nel settore del gas, e dello stato in cui versano i sistemi di misura del gas naturale mercato né del parco di contatori di energia elettrica attualmente in funzione.
Titolarità degli strumenti di misura
Secondo il decreto, titolare di uno strumento di misura è “la persona fisica o giuridica titolare della proprietà dello strumento di misura o che, ad altro titolo, ha la responsabilità dell’attività di misura”.
Sia per il gas che per l’energia elettrica, chi vende, non misura e incassa un corrispettivo che deve essere misurato da uno strumento legale, anche se non è di sua proprietà.
Logico quindi considerare il fornitore di energia elettrica, o di gas, quale titolare dello strumento: è lui che si avvale dei dati dei contatori – che gli vengono comunicati dal distributore – per quantificare ciò che vende ai propri clienti.
Ma se il contatore é difettoso, e quindi registra quantitativi di energia elettrica o di gas diversi da quelli che dovrebbe, è il venditore a risponderne, penalmente se fattura più del dovuto.
Inoltre la maggior parte dei contatori sono facilmente accessibili a chiunque, e se dovessero essere accertate alterazioni o manomissioni dei sigilli legali, chi sarebbe chiamato a risponderne sarebbe, in questo caso, il distributore in quanto titolare.
Libretto metrologico
viene emesso in occasione della prima verificazione periodica cioè 4 anni dopo la prima installazione
chi lo emette ha l’obbligo di conservarlo ma chi se frega
viene emesso per il solo strumento abbinato ad un altro strumento
non ne resta traccia perché non c’è alcuna penale se lo perdi
invece di avere lo storico del PDR abbiamo una sommatoria di certificati degli strumenti e se il sistema di misura ha dei problemi d’impianto ma gli strumenti sono certificati e verificati, nulla questio
in questo modo tutta la misurazione del gas naturale nazionale e a puttane dei volumi di gas, scambiati dai confini all’ultimo utente non frega nulla a nessuno. in caso di contestazione non si può fare l’incrocio storico legale dei consumi
Verificazioni periodiche
Art. 4 – comma 2 del decreto: “La verificazione periodica su tutte le tipologie di strumenti di misura utilizzati per una funzione di misura legale ha lo scopo di accertare se essi riportano i bolli di verificazione prima nazionale, o di quelli CEE/CE, o della marcatura CE e della marcatura metrologica supplementare M e se hanno conservato gli errori massimi tollerati per tale tipologia di controllo”.
Quindi solamente strumenti di misura legali possono essere ammessi alla verificazione periodica e ad eventuali prove in contraddittorio tra le parti.
Tutti i contatori di energia elettrica di tipo elettromeccanico, non essendo mai stati omologati, ed essendo sprovvisti dei sigilli legali, non possono essere ammessi ad alcuna verificazione, periodica o in contraddittorio: del tutto inutile averla fissata in 18 anni.
Stessa sorte per i contatori statici di energia elettrica “di prima generazione” che non sono mai stati omologati, non sono legali e non possono essere verificati.
I primi contatori di energia elettrica omologati risalgono al 2007, anno del recepimento in Italia della direttiva MID.
Il decreto 93 entra in vigore dieci anni dopo, e stabilisce che ne sono necessari 15 per la verifica periodica, cadendo in un palese anacronismo. Perché e su quali basi sono stati stabiliti 15 anni?
Art. 5 – comma 2 – Controlli casuali o a richiesta –: “Sono altresì eseguiti controlli in contraddittorio nel caso in cui il titolare di uno strumento o altra parte interessata nella misurazione ne faccia richiesta alla Camera di commercio competente per territorio; i costi dei controlli in contraddittorio, in caso di esito positivo del controllo, sono a carico del soggetto richiedente”.
La disposizione disincentiva fortemente l’esercizio di tali controlli, dovendo il richiedente, cioè il consumatore, anticiparne le spese e lo scoraggia ad azionare il controllo: non è forse più semplice prevedere che le spese restino a carico della parte soccombente?
Fonte Anonima
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